All’ Illustrissimo Sig. Ministro dell’ Economia Italiana
Scrive Raffaele Tedesco di Angri (SA), legale rappresentante della Fratelli Tedesco & C. snc (prodotti dolciari semilavorati) con sede ad Angri in via campia, 37. Azienda fondata su basi di oltre cento anni e che, oggi, occupa oltre 40 dipendenti a tempo indeterminato.
Chiarissimi Signori, purtroppo sono alcuni mesi che siamo stati raggiunti dal vento della crisi. Fino ad ottobre u.s. infatti, abbiamo sempre lavorato a pieno ritmo ma da dicembre scorso viviamo un periodo notevolmente sterile.
Eppure da giugno 2010, punto di partenza degli aumenti delle materie prime (e che fino alla fine di gennaio 2011 si sono notevolmente amplificati) non abbiamo, nemmeno minimamente, aumentati i prezzi di vendita dei nostri prodotti.
Abbiamo preferito, per evitare un ulteriore calo dei consumi, guadagnare molto di meno e, in alcuni casi non guadagnare affatto.
Così stiamo andando avanti. Con le nostre finanze, con i nostri capitali che nemmeno ci interessa di accrescere ma, che in un momento del genere, permettono di tener fede agli impegni presi verso i nostri dipendenti.
Nonostante il lavoro sia calato tanto, mi alzo sempre alle 4,00 del mattino e alle 4,30 sono in azienda per preparare gli impasti. Alle 5,00 scende mio padre che ha 75 anni e che è sempre impegnato nella sua azienda. Un imprenditore vero sembra non volere mai accettare un calo della produzione, è come una sconfitta.
Siamo più che certi che, gli aumenti sconsiderati degli ultimi otto mesi, sono frutto di grandi speculazioni che, arricchiscono pochi a danno di moltissimi.
Non si può, in periodi tali, aumentare i prodotti al consumo. A nostro avviso si rischierebbe moltissimo, si rischierebbe di perdere quella già ridotta fetta di mercato. Non perché il consumatore finale non voglia spendere o non voglia spendere di più. Ma solo ed esclusivamente perché non ha soldi da spendere.
E’ tanto tempo che non ritocchiamo i prezzi dei nostri prodotti, proprio perché crediamo fermamente che bisogna dare al consumatore la possibilità di comprare e far girare l’ economia. Il nostro non aumentare i prezzi è un incoraggiamento a comprare, a far funzionare la nostra azienda e ad evitare, ai nostri dipendenti, misure straordinarie quali: mobilità, cassa integrazione, ecc.
Abbiamo inserito nuovi prodotti in fase sperimentale per ampliare la gamma dell’ offerta al consumatore. Prodotti completamente artigianali sui quali alcun calcolo di costo è stato fatto. Non crediamo sia il momento di fare calcoli sui costi dei prodotti o delle aziende, chi ha la possibilità di andare avanti, anche se in lieve perdita, lo deve fare per salvaguardare sia il mercato che i posti di lavoro.
Manca alla moltitudine la forza economica per deviare, anche se di poco, dal percorso quotidiano di vita e di spesa.
Noi datori di lavoro, titolari di impresa, imprenditori, non dobbiamo riversare sui nostri dipendenti i nostri mancati guadagni. Vuol dire che se in tanti anni abbiamo accantonato utili, oggi ne mettiamo una parte a disposizione dei nostri dipendenti per dar loro modo di continuare a sperare, a vivere, senza penalizzarli con lo spettro della disoccupazione o di altri provvedimenti, lesivi di ogni e qualunque personalità.
Tutto ciò, Egregi e Onorevoli Signori, non basta.
Sono convintissimo che, per rimestare la nostra economia, bisogna dare alle masse la possibilità di spendere, o meglio: di poter spendere.
Bisogna dare loro un “di più” una forza economica ulteriore, anche piccola, ma superflua, estranea a quello che oggi guadagnano.
Un aiuto extra, sotto forma di carta prepagata, da utilizzare solo per spese di necessità quotidiana, e con la dovuta scadenza nel senso che bisogna per forza spenderla ogni mese.
Credo che bastino cento euro mensili in più per svegliare il sistema, cento euro però che il dipendente dovrà spendere obbligatoriamente. Sarà come in un trenino elettrico, tutto andrà in avanti, un elemento tirerà l’ altro e così via, e questo grandioso meccanismo che è l’ economia della Nazione riprenderà il movimento con la cadenza di un tempo.
Vedo la nostra economia come un cerchio al quale manca un segmento, un arco. Questo cerchio, per farlo ricominciare a girare bisogna chiuderlo, bisogna inserire questo pezzo mancante, questo arco che formi il ponte di collegamento tra produttore e consumatore, tirandosi dietro i relativi indotti.
Quello che chiedo e, che mi permetto di proporre, è che il Governo venga incontro alle imprese dando loro la possibilità di erogare i cento euro mensili ai propri dipendenti, ma senza gravare sulle già deboli finanze.
Potrebbe bastare che lo Stato rinunci ad una piccolissima percentuale della tassazione delle aziende, erogandola direttamente ai lavoratori, (si studierà il sistema) evitando tentazioni o nefandezze da parte di malintenzionati e speculatori.
Non vi è finezza in questa mia lettera, né terminologia complessa e articolata. C’è però amore, passione e vocazione per il lavoro come descritto dal grande Luigi Einaudi in uno dei suoi tanti pensieri.
A Voi Ottimi Signori affido questo mio pensiero con la grande speranza che venga esaminato, elaborato, modificato e corretto e, in ultimo, attuato.
La più grande soddisfazione sarebbe di essere preso in considerazione e ricevere una risposta dalle SS. LL. Illustrissime per custodirla con fierezza.
Con l’ osservanza più doverosa porgo i miei migliori saluti e i più sinceri auguri di lunga e serena vita.
Raffaele Tedesco