Storie angresi (4)
Storie e memorie angresi: eventi, personaggi e luoghi
"Nobile esempio di ardimento e di spirito aggressivo, da una postazione scoperta, con una mitragliatrice controbatteva alcune celate mitragliatrici nemiche, che colpivano d'infilata le nostre truppe. Alle risposte dell'avversario, insisteva con nuove raffiche, finché, colpito a morte da proiettile alla testa, lasciava gloriosamente la vita accancto alla propria arma".
Monte Cucco, 14-15 maggio 1917.
Il suo nome fu dato ad una delle strade di Angri e inciso tra i nomi di altrettanti concittadini angresi caduti in guerra su una delle lapidi marmoree poste sul Monumento ai Caduti.
Pasquale Novi era un giocatore talentuoso e promettente ma il suo amore per la Patria e il desiderio di servire la nazione lo portarono lontano verso un destino crudele che spezzò tutti i suoi sogni.
Pasquale Novi nacque ad Angri il 15 maggio 1915, terzino destro esordì nell'U.S. Angri a soli 19 anni, la sua bravura e il suo talento furono notati sin dalle prime partite, arrivarono presto richieste da team campani e non solo, era conteso da squadre importanti, ma visse in un periodo storico non facile, il regime fascista, che alimentava ideali patriottici, che incisero non poco sulle sue scelte, non esitò a lasciare tutto anche a rischio della propria vita, rinunciò al calcio e ad una carriera prestigiosa, si arruolò come volontario nella Regia Aeronautica e fu assegnato a Capodichino come Sc. R.T. Radiotelegrafista.
Poteva servire l’Italia in un luogo tranquillo e sicuramente più sicuro, ma i suoi ideali andavano ben oltre, per il suo senso del dovere si fece assegnare ai reparti di volo e fu inviato in Africa Orientale.
Il destino fu crudele, i suoi sogni di servire la Patria furono presto infranti, il suo aereo, un bombardiere trimotore, fu abbattuto nei cieli eritrei il 10 marzo 1936, Pasquale Novi morì insieme ad altri cinque giovani.
Gli fu assegnata la medaglia d'argento al valor militare dal Ministero dell'Aeronautica e sempre nel 1936 gli fu intitolato lo Stadio Comunale di Angri e il piazzale antistante.
Le sue spoglie rimasero però per molto tempo lontane dall'Italia e solo grazie al desiderio della sua famiglia nel 1965 i suoi resti furono traslati e portati ad Angri.
L’intera comunità angrese attendeva il rientro di quel figlio speciale, fu vegliato per 48 ore da parenti, amici, autorità, sportivi e sconosciuti anche dai paesi limitrofi, tutti ad onorare un giovane calciatore partito come volontario e morto per servire la propria Patria.
Una città intera pianse il suo giovane coraggioso e valoroso soldato, le sue spoglie furono portate in corteo per le strade di Angri e oggi riposano nel cimitero comunale; il suo nome è inciso sul monumento ai caduti di Piazza Doria tra i valorosi soldati angresi.
“… ardito e pieno di entusiasmo: volontario in A.O.I., nonostante fosse impegnato per la manutenzione degli apparecchi a terra, chiedeva insistentemente di partecipare ad azioni di volo. In spedizione di bombardamento sul territorio nemico si distingueva per calma ed ardimento. Mentre volava verso lontano obbiettivo, al suo posto di dovere, perdeva gloriosamente la vita”.
Medaglia d'argento al valor militare
GIOACCHINO D'ANNA nacque a Casoria il 29 novembre 1936, nel 1975 era in servizio nella città doriana ormai da tre anni, in quel periodo era il comandante interinale della Stazione dei Carabinieri di Angri.
Gioacchino aveva 39 anni ed era sposato con Carmela Mirra, avevano 5 figli e il sesto in arrivo, Annunziata (12 anni), Bianca (10), Maria (9), Giuseppe (6) e Carla (3), avevano sempre sognato una famiglia numerosa.
La mattina dell'8 settembre 1975 intono alle 11:00 quattro uomini armati e mascherati salirono al quarto piano del Palazzo Falcone in via Adriana, bussarono alla porta della chiromante D'Amaro, ad aprire furono le due figlie, i 4 erano lì per una rapina, spietati e senza scrupoli rubarono oro, gioielli e oggetti di valore.
In quella che era fino a quel momento una tranquilla mattinata si sentirono urla e rumori, il brigadiere Gioacchino d’Anna stava rincasando dal lavoro, abitava insieme alla sua Famiglia al primo piano di quel palazzo, sentite le urla iniziò a salire per le scale, era suo dovere intervenire, nel frattempo due dei quattro malviventi iniziarono a scappare giù per le scale, si imbatté nei due uomini che gli puntarono contro le armi. Il brigadiere non esitò a lanciarsi sull'uomo col fucile, dopo una violenta colluttazione riuscì a disarmarlo e a immobilizzarlo ma il complice gli sparò alla schiena, colpito, cadde, benché ferito continuò a lottare affrontando anche il secondo bandito, Gioacchino e il malvivente avvinghiati rotolarono per le scale fino al pianerottolo del I piano dove il bandito sparò ancora, colpendo nuovamente Gioacchino.
I due uomini fuggirono, tentando di scappare sulla Mini Minor con cui erano arrivati ma non ci riuscirono e furono costretti a scappare a piedi, i condomini avevano capito tutto e avevano lanciato di tutto (anche vasi) sull'auto, con un quinto complice, sfondandone il parabrezza, il brigadiere Gioacchino d’Anna morì poco dopo lasciando nella disperazione la moglie e i cinque figli. Gioacchino aveva tutto da perdere ma non esitò un attimo, era suo dovere non poteva girarsi dall'altra parte, non poteva far finta di niente, il suo coraggio spezzato dalla ferocia, dopo alcuni giorni e dopo ricerche estenuanti i banditi furono arrestati.
A testimonianza del suo eroismo, in suo onore la città di Angri gli dedicò la strada con due lapidi marmoree (poste all'estremità della via) con la medesima iscrizione:
VIA
GIOACCHINO D'ANNA
BRIGADIERE DEI CARABINIERI
MEDAGLIA D'ORO AL VALORE CIVILE
CADUTO ERICAMENTE IN ANGRI
L' 8.9.1975
Fu insignito della Medaglia d'oro al valor civile e della medaglia d'argento al valor militare con le seguenti motivazioni:
"Richiamato dalle grida provenienti da un appartamento, ove cinque banditi armati e mascherati stavano perpetrando una rapina, si dirigeva, senza indugio, verso l'abitazione. Giunto sulle scale veniva affrontato da uno dei malviventi e, benché minacciato con un fucile a canne mozze, non esitava, con eccezionale ardimento e cosciente sprezzo del pericolo, a slanciarsi sul rapinatore. Dopo una violenta colluttazione riusciva a disarmarlo e a immobilizzarlo, ma, fatto segno a colpi d'arma da fuoco, proditoriamente esplosi da uno dei complici, cadeva mortalmente ferito, immolando la propria vita ai più nobili ideali di grande eroismo. Fulgido esempio di elette virtù civiche e di assoluta dedizione al dovere spinta fino all'estremo sacrificio."
D. P. R. 15 ottobre 1975
Medaglia d'Oro al Valor Civile "alla memoria"
"Comandante interinale di Stazione distaccata, nel corso di servizio isolato, richiamato da grida provenienti da caseggiato dove era stata perpetrata una rapina, irrompeva, senza esitazione, nel fabbricato, imbattendosi in quattro malfattori armati e travisati, contro i quali si lanciava con coraggiosa determinazione e cosciente sprezzo del pericolo. Avvinghiatosi a uno dei malviventi, armato di fucile, nel disperato tentativo di bloccarne la fuga riusciva, dopo violenta colluttazione, a disarmarlo, ma nell'impari lotta veniva ferito mortalmente con due colpi di pistola da altro correo. Esempio di elette virtù militari e di alto senso del dovere."
Medaglia d'Argento al Valor Militare "alla memoria"
Un Grande Uomo, un eroe, la sua dedizione al dovere e il suo coraggio, sino all'estremo sacrificio di morire per il prossimo, esempio di virtù nella vita e nel lavoro quotidiano.
Recentemente, il 19 maggio 2015, gli è stata intitolata la Caserma sede del Comando Stazione Carabinieri di Napoli Capodimonte.
Alfonso Negro nacque a Brooklyn da genitori Angresi il 27 giugno del 1915. Dopo alcuni anni dalla sua nascita la famiglia decise di ritornare in Italia, ad Angri, dove visse la sua adolescenza, a soli 15 anni, nel 1930 iniziò a giocare a calcio nell'Angri, era un attaccante schierato prevalentemente come interno; a 18 anni ebbe il suo primo ingaggio nella Catanzarese, in Serie B, dove collezionò 23 presenze e 6 gol.
Le sue doti non sfuggirono agli osservatori della massima divisione e nel 1934 fu acquistato dalla Fiorentina del presidente marchese Ridolfi per una cifra, allora ritenuta folle, 40 mila lire. A Firenze il giovane attaccante visse gli anni più belli della sua vita. Ebbe amicizie con i più celebrati campioni dell’epoca: da Meazza a Piola, da Ferraris ad Orsi. Nel campionato di Serie A ‘34-35 mise la sua firma, con tre presenze, in uno dei migliori campionati disputati dalla squadra gigliata prima della guerra, chiudendo la stagione al terzo posto.
L'anno successivo Negro giocò altre tre partite, andando a segno contro la Lazio del grande Piola, a Firenze, tra il 1934 e il 1938, giocò 52 partite segnando 5 goal.
Sempre a Firenze iniziò la sua carriera da medico, frequentando l'Università di medicina ginecologica e ostetricia; nel 1936 venne selezionato per rappresentare l'Italia ai giochi olimpici di Berlino.
Chiamato dal Commissario tecnico Vittorio Pozzo (campione del mondo nel '34) che selezionò i migliori giocatori provenienti dal mondo universitario, il 10 agosto 1936 Alfonso Negro segnò un memorabile goal nella semifinale contro la Norvegia (2 a 1 per l'Italia)
L'Italia scese in campo con questa formazione: Venturini, Foni, Rava, Baldo, Piccini, Locatelli, Frossi, Marchini, Bertoni I, Biagi, Negro.
A Berlino il 15 agosto 1936 l'Italia affrontò l'Austria in finale, vincendo per 2-1, l'Olimpiade del 1936 è ancora oggi l'unica vittoria olimpica della Nazionale di calcio italiana.
Nella stagione 1938/39 passò al Napoli, nelle stagioni napoletane giocò 23 partite segnando 3 goal.
Nel 1940 si laureò in medicina, in quello stesso anno con l'entrata dell'Italia nella Seconda guerra mondiale, venne arruolato nell'Esercito come tenente medico, inviato sul fronte greco-albanese, prima nel 37° Battaglione mortai della Divisione Modena e poi negli ospedali da campo n. 209 di Gianina (Albania) e n. 316 di Atene, seppe farsi valere per le sue qualità professionali e umane. Durante la guerra seppe distinguersi nell'organizzazione di manifestazioni sportive per i soldati al fronte, organizzò un incontro di calcio tra il Regio Esercito e il Wehrmacht (Forze Armate tedesche) allo Stadio Panatenaico di Atene.
Nel dopoguerra continuò con la professione calcistica insieme a quella di ginecologo, approdò all'Ercolanese, rimase ad Ercolano fino al 1972, vivendo pienamente la vita sportiva, sociale, umana e politica della città, fu anche nominato assessore allo sport.
Negli anni '80 ritornò a Firenze, dove morì il 7 novembre 1984 a soli 69 anni d'età.